La resa di Vercingetorige secondo Plutarco, Floro, DioneCassio
Vercingetorige, indossata l'armatura più bella, bardò il cavallo, uscì in sella dalla porta della città di Alesia e, fatto un giro attorno a Cesare seduto, scese da cavallo, si spogliò delle armi che indossava e chinatosi ai piedi di Cesare, se ne stette immobile, fino a quando non fu consegnato alle guardie per essere custodito fino al Trionfo.
(Plutarco, Vite Parallele, Cesare, 27, 9-10.)
(Plutarco, Vite Parallele, Cesare, 27, 9-10.)
« Anche quel famoso re [Vercingetorige, ndr] quale preda per la vittoria, venuto supplice nell'accampamento romano di Cesare, gettò davanti a Cesare il suo cavallo, le sue falere e le sue armi, dicendo: "Prendi, hai vinto un uomo valoroso, tu che sei un uomo valorosissimo!".»
(Floro, Epitome di storia romana, I, 45, 26.)
(Floro, Epitome di storia romana, I, 45, 26.)
« Ora Vercingetorige avrebbe potuto scappare, poiché non era stato catturato e non era ferito. Egli sperava, poiché era stato con Cesare in rapporti di amicizia, di poterne ottenere il perdono da lui. Così egli venne da Cesare senza essere annunciato, ma comparendo davanti a lui all'improvviso, mentre Cesare era seduto su di uno scranno come in tribunale, e gettando allarme tra i presenti. Egli avanzò imponente, di alta statura, armato splendidamente. Quando si ristabilì la calma, egli non proferì parola, ma si inginocchiò ed afferrò le mani di Cesare in segno di supplica. Ciò ispirò molta pietà tra i presenti al ricordo della sua iniziale fortuna e nello stato attuale di angoscia in cui versava ora. »(Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, XL, 41.)
versione di cassio dione e cesare: confronto
Gli Arverni erano una popolazione della parte centrale della Gallia, la cui capitale, Gergovia, corrisponde all'odierna Clermont-Ferrand. In un passo precedente dell’opera (De bello gallico,VI, 11) lo stesso Cesare ci ha narrato come tra i galli fosse diffusa l'abitudine di dividersi in fazioni non solo dentro la stessa città, ma addirittura all'interno delle singole famiglie:
In Gallia non solum in omnibus civitatibus atque in omnibus pagis partibusque, sed paene etiam in singulis domibus factiones sunt.
Questo passo sembra adattarsi molto bene alla situazione di Gergovia nel 52 a.C., dove la popolazione si divide in una fazione filo-romana, guidata da Gobannizione, zio paterno di Vercingetorige, e una anti-romana, capitanata appunto da Vercingetorige in persona. Dopo un iniziale prevalere dei filo-romani, Vercingetorige raduna una schiera di diseredati e riesce a prendere il potere, creando alleanze con numerose popolazioni. Cesare si sofferma a descrivere la severità (spesso spietata) a cui Vercingetorige ha sottoposto i suoi uomini, nel chiaro tentativo di imporre la disciplina al proprio esercito e di coalizzare le forze di tutti contro il nemico. Questo fatto è di per sé una cosa rara tra i galli, che erano famosi per la loro sregolatezza in guerra. Ma Vercingetorige, avendo precedentemente militato nella cavalleria romana, conosce bene i punti di forza dei romani e così, grazie ad alcune vittorie iniziali, diventa il nemico più pericoloso di Cesare in tutta la campagna gallica e in tutto il De bello gallico.
Bisogna notare come la descrizione di Vercingetorige non viene fatta in maniera esplicita (come fa ad esempio Sallustio nel descrivere catilina,nel de coniuratione catilinae); piuttosto, il carattere e la forza del personaggio emergono direttamente dalle sue azioni. Vercingetorige è una personalità carismatica e decisa, le cui azioni sono caratterizzate da velocità e rapidità, ma anche animata da un’ambizione che non poteva essere percepita positivamente da un lettore romano: il continuo riferimento al fatto che si fosse fatto proclamare re e che suo padre Celtillo fosse stato ucciso mentre tentava di fare la stessa cosa, non poteva infatti essere visto positivamente da un popolo come quello di Roma, che aveva fatto della cacciata dei re e dell'odio nei confronti dell'idea stessa di monarchia un mito fondante dello stato repubblicano. Come spesso succede nelle opere storiche, l'esaltazione di Vercingetorige e delle sue qualità ha una finalità retorica abbastanza trasparente: e cioè a far risaltare a contrasto il valore del condottiero Cesare, che alla fine risulterà infatti vincitore su Vercigetorige e sui suoi uomini.
Lo stile, com’è tipico di tutto il De bello gallico, è sintetico e conciso, basato sull'uso di frasi brevi e spesso prive di ipotassi. Mentre i numerosi ablativi assoluti rendono la sintassi più veloce, l'uso del presente al posto del passato (presente storico) vivacizza la narrazione, rendendola più immediata e coinvolgente, come se fossimo anche noi presenti sul campo dell’azione.
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